In Italia la possibilità di modificare i propri caratteri sessuali primari e secondari è regolata da una apposita normativa, la Legge 164 del 1982, la quale stabilisce il diritto di modificare la propria identità di genere ed il nome, definendo l’iter giudiziario da seguire.
Essa afferma diversi principi:
Dunque dalla lettura combinata di tali articoli e dall’applicazione sic et simpliciter dei due principi che se ne ricavano, si dovrebbe dare risposta negativa al quesito iniziale. Infatti, sussiste un esplicito obbligo di rettifica solamente per le attestazioni di stato civile che siano state richieste successivamente all’emanazione della sentenza ed inoltre viene definito un chiaro ed innegabile principio generale di irretroattività della sentenza di rettificazione, la quale non potrebbe quindi svolgere i propri effetti se non in data posteriore a quella della sua emanazione.
Tuttavia una tale interpretazione del dato normativo, porterebbe ad una serie di conseguenze lesive del diritto alla protezione dei dati personali ed alla riservatezza, diritti entrambi fortemente tutelati dal nostro ordinamento ad opera del GDPR (regolamento UE n. 2016/679). In particolare la mancata disponibilità degli enti a modificare le attestazioni conseguite da coloro che hanno ottenuto la rettificazione anagrafica si mostrerebbe lesiva del diritto alla rettifica dei dati personali, così come definito dall’art. 16 del GDPR, ossia del “diritto di ottenere dal titolare del trattamento la rettifica dei dati personali inesatti che lo riguardano senza ingiustificato ritardo.” Dunque, negare ad un soggetto la rettificazione della propria documentazione risulta essere chiaramente in contrasto con il diritto alla privacy, ossia come il diritto al controllo attivo dei propri dati personali.
Ciò è stato poi chiarito direttamente dal Garante per la Protezione dei Dati Personali, il quale, rispondendo a due richieste di chiarimenti, (la prima di uno studente che dopo il cambio di sesso voleva ottenere il diploma di laurea con indicati solamente i nuovi dati anagrafici e la seconda dell’Università interessata, che proponeva il rilascio di un secondo diploma con la nuova identità, ritenendo che l´ipotesi alternativa della annotazione della motivazione della ristampa sul diploma di laurea potesse ledere la riservatezza dello studente), ha prescritto la necessità “di non riportare in tale documentazione elementi idonei a rivelare l´avvenuta rettificazione di attribuzione di sesso - per effetto di una sentenza del tribunale passata in giudicato - ed il nome originario dell´interessato, a salvaguardia del suo futuro inserimento nei rapporti sociali e lavorativi, fermi restando gli obblighi di conservazione, a norma di legge, dell´atto o del documento che contiene i dati personali dell´interessato con il sesso e il nome originario.” Soluzione questa ritenuta idonea a tutelare adeguatamente la dignità della persona, il suo diritto a vedere correttamente rappresentata la propria identità sessuale ed alla riservatezza.
In conclusione deve darsi risposta affermativa al quesito iniziale, poiché alla luce del quadro normativo è ben possibile ottenere la rettifica del certificato del diploma di maturità conseguito precedentemente all’ottenimento della rettificazione anagrafica, intesa come l’ottenimento di un nuovo attestato che non contenga alcun riferimento alla vicenda giudiziaria, e non come l’ottenimento della preesistente attestazione meramente e visibilmente modificata.